Notte prima degli esami

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Io me la ricordo, la mia notte prima degli esami. Me la ricordo come se fosse ieri. Il caldo che non si celava affatto, fuori e dentro, le ore passate a ripetere, a pensare, a immaginare come sarebbe stato il nuovo giorno e cosa avrei scritto sul foglio bianco. Seduta sul divano di casa mia, di fronte a me c’erano lo stereo grande e la voce di Venditti che cantava a ripetizione note che già erano la storia. Un ricordo, in particolare, domina su tutti. Un mio amico, di allora e di adesso, più grande di me, mi disse al telefono: «Goditi questi momenti, perché arriverà il tempo in cui ne avrai nostalgia». «Macché – gli risposi – io non vedo l’ora che passi tutto!». Sentivo la paura mescolata all’adrenalina del traguardo, ne ero invasa, senza capire – come quando si è giovani – che in realtà tutto quell’affanno era perché prendevo la rincorsa verso il futuro, verso una partenza, non un arrivo. La mattina dopo, sul foglio bianco, scelsi di scrivere – pensate un po’ – del volontariato. Del donarsi agli altri, gratuitamente, per fare del bene, innanzitutto a se stessi. Ogni anno, la notte prima degli esami, io ricordo la mia; con nostalgia, c’è poco da fare. Aveva ragione il mio amico, lui lo sapeva. Ai ragazzi che domani sosterranno la maturità dico di esserci, corpo e cuore, occhi e coraggio. Lasciate che ogni battito di queste ore resti tatuato nell’anima, fate in modo che d’ora in poi, ogni volta che passeranno Venditti alla radio, voi troviate sempre il sorriso nella memoria. Io lo trovo, tutte le volte. E non è mai da solo. Insieme a lui, ci sono anche i miei occhi lucidi.

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